Il sogno (o incubo)
lunedì, 20 novembre 2006Bevo una tazza di cioccolata bianca, che non si è nemmeno addensata, e cerco di raccontare un sogno-incubo che ho vissuto poco fa. Sapendo benissimo che ascoltare, leggere ed immaginare i sogni degli altri sia una palla abnorme, ma essendo questo il Mio blog, mi permetto di raccontarlo, se non altro, di raccontarmelo.
Mi trovo appena fuori dal cortile della casa di mio nonno (morto), è notte. Sembra di stare in un videogame, o comunque ne sono convinto, pertanto so di dovermi trasformare in una specie di vampiro con le ali bianche (io vestito di nero), per sorvolare i filari di vite e uccidere i nemici per passare al livello successivo (non so quale). Mi trasformo, metto le ali e cerco in innalzarmi in volo, anzi, cerco di rimanere in volo visto che mi han fatto partire già alzato da terra. Sembro non aver dimestichezza col volo, ma dopo due o tre sbattute d’ali e un movimento di corpo assomigliante ad una foca che nuota, riesco a mantenere un andamento lineare orizzontale.
(Sembra di bere un Galak sciolto con l’accendino).
Subito dopo la visione passa in terza persona, e mi vedo svolazzare come una farfalla sopra questo cortile con molte piante di vite dalle foglie nere, molte di più di quante ce ne siano effettivamente nel cortile della casa di mio nonno (e le viti di mio nonno, morto, non hanno le foglie nere). Ecco che escono degli uomini da una porticina nascosta dietro un cespuglio: sono soldati, stilizzati, proprio come nei videogames. Alcuni sono vestiti in una classica mimetica, altri in divisa, altri alla Rambo (a petto nudo con la tartaruga di addominali). Si muovono da rincoglioniti, piano piano, ed io, con una specie di fucile, devo ovviamente cercare di ammazzarli. Sparo i primi colpi che escono a coppia di laser rosso (risaltavano bene nel paesaggio scuro).
(Forse ho messo troppo latte ed è per questo che mi è venuta così liquida questa cioccolata: ora sembra di inzuppare quadratini di Galak direttamente nel latte… non è più così gustosa, ma continuo ad assaporare, convinto)
Insomma li uccido in poco tempo, poi la scena cambia e si passa ad un deserto, anch’esso stilizzato, e c’è A., amico della mia coinquilina, con in mano un joystick che mi dice di continuare. Io, alquanto scosso dalla scena precedente, comunico la mia uscita dal gioco e mi sveglio.
Poco prima avevo sognato Mk. (è una donna), ma non ricordo nulla, se non la sensazione che si ha solo quando si sta facendo un incubo: agitazione, non più e forse mai, eccitazione.
(Ho finito la mia tazza di cioccolata, ho una nausea pazzesca: un noto comico di Zelig direbbe: “cioccolata di m***a!”).